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La (nostra) storia del World Wide Web
Da quel fatidico 6 agosto del 1991 il mondo del lavoro è inevitabilmente cambiato grazie a Tim Berners-Lee e chi lo nega è destinato a estinguersi.
La storia del World Wide Web, traducibile come la grande rete globale, e conseguentemente del fenomeno Internet, nasce quel giorno. Sì, perché Web e Internet sono due cose diverse: Internet è una rete di computer connessi fra di loro che offre agli utenti la possibilità di ricercare contenuti informativi e servizi, comunicando fra di loro a livello globale. Su Internet risiedono una serie di linguaggi che consentono alle informazioni di viaggiare fra i computer, denominati protocolli: all’interno di Internet ne esistono diversi e le loro modalità di utilizzo differiscono a secondo del tipo di servizio che si richiede. Il World Wide Web usa principalmente 3 protocolli:
- HTML (Hypertext markup language): il linguaggio di markup con cui sono scritte le pagine web;
- HTTP (Hypertext transfer protocol): il protocollo di rete che permette la trasmissione delle informazioni;
- URL (Uniform resource locator): lo schema per l’identificazione dei contenuti e dei servizi del web.
Il giorno in cui nacque Line Modern Browser, primo Browser della storia, Robert Cailliau e Tim Berners-Lee avevano ben chiaro in mente di aver cambiato in modo irreversibile la storia dell’evoluzione umana e, conseguentemente, il modo di ragionare, lavorare, interfacciarsi con gli altri, vivere.
Era il 1992 e avevo nove anni: ricordo mio padre, rappresentante da una vita, in fila con i suoi colleghi fuori dalle cabine telefoniche che aspettavano il loro turno per chiamare in azienda e comunicare gli ordini della settimana. Il venerdì poi era un delirio, la fila si allungava a dismisura e passavano ore prima che si smaltisse. Nei miei occhi di bambino era qualcosa di pittoresco ma non ne capivo l’effettiva utilità. Poi a casa mia arrivò il fax, mio padre non ha mai imparato a usarlo così mi presi “la briga e di certo il gusto” (come canta l’immortale Fabrizio De Andrè) di trasmettere in azienda gli ordini al posto suo: ogni sera, al suo rientro, mi mettevo davanti a quello strumento rumorosissimo e mandavo pagine e pagine di codici che non capivo ma associavo alla produttività e al benessere che quegli anni portavano nelle case di ognuno di noi, soprattutto in una zona ricca come il nord-est, dove quotidianità era bambagia.
Nel 1997 avevo quattordici anni, mi trovavo in ferie in montagna coi nonni quando mio padre venne a trovarci e mi fece la fatidica domanda che cambiò irrimediabilmente la mia vita:
“Adesso sei grande e puoi scegliere da solo: vuoi il computer o il motorino?”
Ci misi quindici giorni a esprimere quella decisione ma in cuor mio l’avevo già ben chiara in mente nel momento stesso in cui aveva smesso di pormela: se nei miei ragionamenti di adolescente brufoloso il motorino era sinonimo di libertà totale, ragazze deliranti alla vista del bolide e scorrazzate con gli amici al vento d’estate, il computer rappresentava quella potenziale evasione che avrebbe un giorno potuto portarmi virtualmente lontano da quel minuscolo paesino della bassa pordenonese in cui ero nato e cresciuto. Non avevo mai letto di Internet ma la mia mente già sognava le sconfinate praterie digitali e i luoghi in cui appassionati di tutto il mondo avrebbero potuto trovarsi e discorrere di argomenti che, fino a quel momento, non avevano trovato soddisfazione in una piccola realtà rurale sul confine tra il Friuli e il Veneto. Arrivò a casa una sera di settembre di quel 1997, lo montai con la sicurezza che solo il tecnico più esperto avrebbe potuto avere e lo accesi: quando sentii il suono d’avvio di Windows piansi. Lo faccio anche ora da utente Linux, ma per tutt’altro motivo. Aveva 1gb di disco rigido e con il pacchetto Office installato mi rimaneva spazio per un solo gioco, precisamente Full Throttle.
Contemporaneamente iniziai le superiori: venni preso in simpatia dai tecnici informatici dell’istituto professionale che frequentavo perché videro che il bocia ne sapeva più di loro e riuscirono a barattare il mio lavoro gratuito con ore fuori dalla classe. In quei cinque anni non riuscii a imparare il tedesco ma ero diventato padrone del mio Destino: in quegli anni ho fatto parte di un progetto del Ministero dell’Istruzione e ho gestito la parte tecnica in totale autonomia, ho creato il mio primo sito web interamente in HTML con un semplice blocco note, ho espanso la mia mente fino a capire che avevo completamente sbagliato scuola. Totalmente, inequivocabilmente e tristemente sbagliato scuola.
Quest’anno compirò 35 anni: il ragazzino di quell’epoca sopravvive in un angolo nascosto della mia mente e sono felice di quando ancora mi stupisco delle novità e rimango con la bocca aperta davanti alle meraviglie dell’innovazione tecnologica. Ho capito che il web design è la mia strada, niente mi rende più felice di un sito ben fatto, a norma coi regolamenti UE e in linea coi desideri del mio cliente e con le necessità dell’utente che lo visita.
In questi anni ho conosciuto tantissimi imprenditori della vecchia scuola, alcuni anche molto affermati nei loro settori di competenza, eccessivamente legati all’idea nostalgica che nulla sarebbe cambiato rispetto a quando hanno iniziato loro: troppo spesso mi sento ripetere frasi come “quando ho cominciato io non c’era, quindi non mi serve” o “ai miei tempi lavoravamo davvero, altro che adesso coi computer” o ancora peggio “l’ho fatto fare vent’anni fa ma è lì fermo”. La Terra gira, compie 365 rotazioni all’anno e ogni anno ruota attorno al Sole, le stagioni si susseguono, le mamme invecchiano e i figli ingrassano e questi sono ancora fermi al 1970, del tutto ignari della realtà che li circonda e del tutto incuranti del fatto che quando lasceranno l’azienda in mano ai loro eredi lo faranno con 48 anni di ritardo sulla concorrenza che nel frattempo ha vissuto il Presente, si è evoluta e da organismo monocellulare è diventata prima pesce poi scimmia e ora homo sapiens sapiens con tanto di sito aggiornato, responsive, ottimizzato SEO e magari lo shop online in cui può vendere la sua merce in tutto il mondo senza uscire dall’ufficio o, nel migliore dei casi, di casa rimanendo comodamente in pigiama. Però niente da fare, ostinati e cocciuti come muli, a ripetere la routine ogni mattina dal momento in cui escono da scuola fino al giorno in cui diventano dipendenti INPS (se lo diventano senza piegare prima gli stracci).
Fortunatamente la nuova generazione che sta lentamente prendendo il posto della vecchia scuola ? oculata, moderna e, nonostante il forte ritardo tecnologico sulla concorrenza, perfettamente in grado di riconoscere un team di veri amanti del web da una squadra di cialtroni! Siamo quasi tutti sui social network e virtualmente connessi 24 ore su 24 in ogni posto in cui ci troviamo, in perenne contatto con qualsiasi luogo del pianeta, sovrastimolati di contenuti e dopati di immagini: nonostante la diffusione capillare del fenomeno il Web non è mai stato un posto per babbani.
È per questo che esistono laboratori creativi come LEaMON.it: per accompagnarti e guidarti nella giungla in modo professionale ed esperto. Ora che hai letto questo articolo sai anche da dove siamo partiti, puoi solo immaginare dove riusciremo a portarti!